Il vaso di Rubin (conosciuto talvolta come il volto di Rubin) è un ben noto insieme di forme bidimensionali ambigue sviluppate intorno al 1915 dallo psicologo danese Edgar Rubin. Furono introdotte per la prima volta nel lavoro a due volumi di Rubin, Synsoplevede Figurer in danese ("Visual Figures" in inglese), che è stato molto ben accolto; Rubin ha incluso alcuni esempi, come una figura di croce maltese in bianco e nero, ma l'esempio diventato più famoso è stato quello della figura di un particolare vaso, forse perché la croce maltese potrebbe anche essere facilmente interpretata come un pallone da spiaggia in bianco e nero.
Rubin ha presentato nella sua tesi di dottorato (1915) una descrizione dettagliata della relazione figura-sfondo, una conseguenza del lavoro sulla percezione visiva e sulla memoria nel laboratorio del suo mentore Georg Elias Müller. Un elemento della ricerca di Rubin può essere riassunto nel seguente principio: "Quando due campi hanno un confine comune e uno è visto come figura e l'altro come sfondo, la percezione immediata che si ha, è caratterizzata da un effetto "ritaglio" che fa emergere una forma dal bordo comune ai due campi (sfondo e figura) e che agisce solo su uno dei campi oppure con più forza su un campo rispetto all'altro".
L'effetto visivo in genere fa percepire allo spettatore due interpretazioni di forma, ognuna delle quali è coerente con l'immagine della retina, ma solo una di esse può essere afferrata in un determinato momento. Ciò è dovuto al fatto che il contorno può essere considerato come parte della forma che costituisce la figura, che appare sovrapposta allo sfondo senza forma. Se quest'ultima regione viene interpretata invece come figura, allora lo stesso contorno del limite verrà invece visto come appartenente allo sfondo.
Commenti
Posta un commento